Intelligenza Artificiale vs Intelligenza Emotiva: alternative o complementari? - Parte 2
- Scritto da Alessandro Giacchino
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L’intelligenza emotiva con l’intelligenza artificiale ha solo la parte iniziale parte del nome, mentre ne è profondamente diversa per finalità, dinamiche e contesti.
Nella prima parte di questo post ci siamo concentrati sull’intelligenza artificiale e sul contributo che alcune sue applicazioni particolarmente avanzate, tipo ChatGPT, può fornire alla qualità della vita e del lavoro. In questa seconda parte esaminiamo invece l’intelligenza emotiva che con l’intelligenza artificiale ha solo la parte iniziale parte del nome, mentre cambiano finalità, dinamiche e contesti.
Nell’intelligenza emotiva, l’intelligenza artificiale è impotente!
Come ben sottolineato nella prima parte di questo post, l’intelligenza artificiale e applicazioni quali ChatGPT sono essenzialmente degli strumenti. Molto utili per svolgere compiti, ma al servizio dell’uomo che li impiega in operazioni più o meno specifiche, sebbene talvolta in modo approssimativo o, peggio, non corretto. Questo perché tra avere un risultato sbagliato e non avere un risultato è molto meglio avere il secondo per non prendere delle decisioni affrettate che posso rivelarsi estremamente dannose, quando invece servirebbero maggiori approfondimenti.
Per contro, l’intelligenza emotiva opera in un contesto totalmente diverso essendo mirata a regolare soprattutto i rapporti tra persone, specie se appartenenti ad una stessa organizzazione, società o contesto sociale. E qui, l’intelligenza artificiale è assolutamente impotente e probabilmente lo sarà sempre. Ovvero, va bene disporre di risposte di qualità e in tempi rapidi, ma chi conta è chi fa le domande, mentre tra i rapporti collaborativi o sociali intervengono altri elementi quali la sensibilità, la percezione del detto e del non detto, le condizioni al contorno, i fattori culturali e così via.
Intelligenza emotiva: cos’è
In estrema sintesi, l'intelligenza emotiva è la capacità di percepire, comprendere e gestire le proprie emozioni, ma anche quella di rilevare, rispettare e influenzare le emozioni dei propri interlocutori. Per tale ragione, l'intelligenza emotiva risulta fondamentale per creare e sviluppare ogni tipo di relazione, tanto familiare o affettiva, quanto lavorativa. Specie oggi che i rapporti gerarchici vengono sempre più spesso sostituiti da rapporti paritetici con il reciproco rispetto di competenze e personalità la capacità di agire seguendo i criteri dell’intelligenza emotiva diventa fondamentale per avere successo sia a livello lavorativo sia nella gestione di qualsiasi tipo di interazione con gli altri.
In alcune persone, l'intelligenza emotiva è innata sebbene possa essere costantemente sviluppata e migliorata, mentre in altri non è naturale per cui diventa indispensabile studiarla ed esercitarla sia attraverso corsi appositi, sia sforzandosi di comprenderne i meccanismi basilari.
Stando agli studi condotti negli anni ‘90 dal psicoterapeuta Daniel Goleman gli ingredienti di base dell’intelligenza emotiva sono cinque:
- Self-awareness (autoconsapevolezza): è la capacità di percepire le emozioni e i fattori che le scatenano. Avere la piena consapevolezza dei propri sentimenti aiuta a capire come gli altri possono vivere le nostre emozioni. Riconoscere quando ci si sente in preda all’ansia o alla rabbia aiuta ad affrontare questi stati d’animo e a condividerli in modo consapevole e positivo con gli altri, riuscendo a comprendere come gli altri possono percepire i nostri comportamenti e le nostre parole. Saper adeguare il proprio modo di comunicare in funzione dei destinatari ai quali ci si rivolge costituisce un elemento basilare dell'intelligenza emotiva. In questo, avere dei riscontri diretti costituisce un modo cruciale per entrare in sintonia con i propri interlocutori.
- Self-regulation (autocontrollo): è la capacità di controllare e gestire le emozioni ricavandone effetti positivi. Avere il controllo dei propri sentimenti è essenziale in qualsiasi situazione, perché i propri stati d’animo finiscono per condizionare notevolmente le altre persone che ci circondano.
- Motivazione: avere delle forti motivazioni spinge a compiere delle azioni capaci di condizionare i sentimenti e le percezioni dei nostri interlocutori. Per esempio, puntare con estrema convinzione a raggiungere un determinato risultato può trasmettere a tutti gli altri la percezione di poterlo conseguire e quindi coglierlo, anche al di là di qualsiasi opinione inizialmente contraria.
- Empatia: è la capacità di sintonizzarsi con i sentimenti delle altre persone, stabilendovi un contatto interiore che va ben oltre i gesti esteriori. Cogliere alcuni particolari e farvi leva per entrare in armonia con lo stato d’animo degli altri è la chiave per trarne il meglio e stabilire un fantastico clima di collaborazione e comprensione reciproca. Un modo efficace per sviluppare l’empatia con gli altri consiste nell’immaginarsi nella loro posizione e pensare di vivere l’interazione a parti invertite, acquisendone il loro punto di vista.
- Social skills (Competenze nella gestione delle relazioni sociali): si tratta di possedere e saper utilizzare al meglio gli strumenti per comunicare e interagire con altre persone. Non si tratta di strumenti digitali, ma della propria vista con la quale osservare le azioni, la postura, i movimenti, la luce negli occhi dei propri interlocutori, le orecchie per ascoltarne attentamente le parole dette – nei toni e nei termini – ma anche e soprattutto quelle non dette, la capacità di cogliere i ritmi delle conversazioni, fatti di pause e di accelerazioni, non solo di flussi omogenei di parole e azioni. Saper interpretare correttamente sia la comunicazione verbale sia quella non verbale è indispensabile per stabilire un buon rapporto con gli altri, ma è altrettanto importante dedicare il giusto tempo all’ascolto e alle interazioni senza pressioni né la fretta che spesso permea i comportamenti attuali. In sostanza, meglio fare domande che danno all’interlocutore la sensazione di essere ascoltato che non subirne passivamente le parole, magari guardando l’orologio, il cellulare o il computer.
A questo punto, una domanda diventa d’obbligo: è in grado un computer, con o senza intelligenza artificiale, di comprendere e gestire questi cinque elementi? Lo sarà mai?
Il valore dell’intelligenza emotiva
L’intelligenza emotiva ha poco a che fare con la tecnologia e non va confusa con l'intelligenza razionale che si può assimilare alle capacità di seguire ragionamenti logici. L’intelligenza emotiva riguarda il modo in cui i fatti e il ragionamento sono applicati, quindi attiene principalmente al comportamento degli esseri umani guidato dalle loro sensibilità, percezioni, capacità andando ben oltre le specifiche competenze tecniche.
In una società sempre più complessa nella quale svettano le specializzazioni, la vera chiave del successo non sta nelle individualità, ma nelle capacità di creare e gestire un gruppo di lavoro, creando un clima positivo nel quale tutti diventano orgogliosi di fornire i propri contributi. Il “capo” perde quindi pressoché ogni potere di tipo dirigistico, assumendo un ruolo più simile a quello di allenatore di squadre vincenti, in grado di trarre il meglio dai propri collaboratori, di motivarli, di renderli orgogliosi dei risultati raggiunti a livello di gruppo, stemperando tensioni, percependo e superando ogni difficoltà di tipo individuale o sociale, comprese quelle provenienti da ambienti diversi da quello lavorativo. E, viceversa, la stessa cosa deve accadere nei contesti familiari e sociali.
Bisogna tuttavia sottolineare che l'intelligenza emotiva e quella razionale non sono in contrapposizione, né una esclude l’altra, mentre sono di fatto complementari, con la prima oggi considerata persino più rilevante sia nei contesti lavorativi, sia in quelli sociali, mentre nel passato veniva presa in considerazione la seconda, specialmente nei quiz di valutazione dell’IQ. Cosa che sta portando anche a modificare i processi di selezione del personale, specie per tutti i ruoli di tipo dirigenziale.
A tal proposito, è interessante notare che una ricerca pubblicata all’inizio del 2023 dalla Emory University sugli elementi premianti per essere manager di successo, pone al primo posto la capacità di gestire attraverso la collaborazione e al secondo l’intelligenza emotiva indispensabile proprio per creare l’armonia indispensabile per avere positive relazioni con tutti gli esseri umani. Una ricerca sulla quale tornerò in un prossimo post dedicata proprio alle capacità manageriali richieste per il futuro che converrà studiare e approfondire da parte di chiunque voglia avere successo nella propria professione.
Un aspetto non intuitivamente percepibile ma rilevato da varie indagini è che al di là dei vantaggi conseguibili nelle relazioni interpersonali, gli individui con elevata intelligenza emotiva tendono ad essere più soddisfatti del proprio lavoro e ad avere prestazioni migliori rispetto a quelli con bassa intelligenza emotiva. Con la conseguenza che normalmente ricevono maggiori gratificazioni e fanno più carriera dei loro colleghi. Questo perché le persone con elevata intelligenza emotiva sono più predisposte a lavorare bene con gli altri, in quanto risultano più empatiche, capaci di ascoltare, di cooperare e di risolvere gli attriti e i conflitti che possono sorgere nella normale conduzione delle attività. Per di più, riescono a influenzare positivamente gli altri, motivandoli e coinvolgendoli.
Come accrescere la propria intelligenza emotiva
Così come è in parte possibile accrescere la propria intelligenza razionale, stimolandola attraverso esercizi mirati tipo quiz di logica, di geometria o di matematica, in modo analogo si può sviluppare anche la propria intelligenza emotiva.
Il punto di partenza sta nella capacità di non negare i propri stati d’animo, che sono insiti nel carattere umano di ciascuno di noi, ma di imparare a riconoscerli e, senza avere la pretesa di eliminarne gli eventi scatenanti, di riuscire a controllare le proprie reazioni, specie nei confronti degli altri che ci circondano. Questo implica la capacità di non farsi invadere dalla negatività, considerando ogni problema come una sfida da superare per raggiungere traguardi più elevati, da soli o in collaborazione con gli altri. Per tale ragione bisogna imparare a riconoscere e circondarsi di persone positive che possono contribuire a migliorare i propri stati d’animo.
Ci sono poi alcune tecniche e alcuni trucchi che possono aiutare a migliorare la propria intelligenza emotiva. In questo caso si tratta di agire sugli elementi che la compongono. Ad esempio, se non si è dotati di capacità in grado di creare in modo naturale un buon livello di empatia con gli altri, ci si può forzare ad ascoltarli con più attenzione, ad esempio prendendo appunti quando ci si parla, provando a capire perché il nostro interlocutore ci sta parlando in quel modo o di quell’argomento, immaginando come ci comporteremmo se fossimo al suo posto, utilizzando la gestualità e la postura per ridurre le distanze fisiche esistenti nel corso del colloquio.
Si può agire quindi su vari fronti: imparare a comunicare con chiarezza, ma sempre senza urtare la sensibilità degli interlocutori, sincerandosi costantemente di come vengono percepite le proprie parole chiedendone riscontri e opinioni.
Si possono stemperare i propri impulsi a reagire immediatamente agli eventi prendendo qualche respiro profondo, alzandosi per aprire una finestra o spostare un soprammobile, afferrando qualche oggetto con le mani così da stemperare la tensione. Tutte azioni che contribuiscono a riconoscere i propri stati d’animo e a controllarli prima di intraprendere delle azioni poco meditate, non utili agli scopi che si dovrebbero perseguire o, peggio, offensive nei riguardi dei propri interlocutori.
In questi casi, può anche essere utile confrontarsi con qualcuno non implicato nella vicenda che si sta affrontando, chiedendone opinione: la sola azione di illustrare la situazione può servire a viverla con minore coinvolgimento emotivo, a tutto vantaggio della lucidità con la quale si potrà decidere di procedere in seguito.
Da ultimo, tenendo ben presente che a differenza che negli allenamenti sportivi, fatti di sedute periodiche e di routine, gli esercizi per migliorare la propria intelligenza emotiva debbono divenire parte abituale dei propri comportamenti quotidiani, ci sono due passi molto convenienti da compiere. Il primo consiste nel ripercorrere le situazioni vissute di recente, analizzandone in modo critico, domandandosi se si ritiene di aver operato nel modo migliore e come sarebbero cambiate le cose se si fosse agito diversamente. Il secondo, strettamente connesso al primo, sta nel prendersi quotidianamente, o quasi, una decina di minuti da dedicare alla meditazione. In modo rilassato e senza pressione del tempo, la meditazione aiuta a rasserenare la mente e a staccarsi dallo stress, uno dei mali più deleteri che minano l’intelligenza emotiva.
Intelligenza Artificiale o Intelligenza Emotiva?
In conclusione, abbiamo capito che l’intelligenza artificiale è e rimane uno strumento che se messo nelle mani giuste è in grado fornire un contributo determinante nel miglioramento dei risultati ottenibili nel proprio lavoro e nella riduzione dei tempi per raggiungerli. Fondamentale imparare ad usarla nel modo e nei contesti giusti. Per contro, l’intelligenza emotiva è un “attributo” di management, cruciale per guidare i gruppi di lavoro, per interagire con clienti e fornitori, ma anche per migliorare i propri rapporti sociali e familiari.
Non per niente, l'indagine "Future of Jobs Survey 2020" del Forum economico mondiale considera l'intelligenza emotiva una delle competenze primarie sulle quali le imprese dovranno investire per avere successo e continuare ad averne da qui al 2025 e oltre. Di conseguenza, la valutazione dell’intelligenza emotiva sta già divenendo un fattore discriminante nei processi di selezione del personale, specie per quello destinato alle posizioni dirigenziali. Combinata con la capacità di sfruttare le immense possibilità offerte dall’intelligenza artificiale, l’intelligenza emotiva potrà far compiere degli enormi balzi in avanti nell’innovazione, nella produttività e nella qualità del lavoro.